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La dashboard aziendale

Quello della (o “del”?) dashboard aziendale è un bell’argomento già a partire dal punto di vista lessicale.

Wikipedia sostiene che nei sistemi informatici aziendali, un dashboard è un tipo di interfaccia utente grafica che spesso fornisce una panoramica degli indicatori chiave di prestazione relativi a un particolare obiettivo o processo aziendale.

La traduzione italiana del termine di norma è cruscotto.

Da Treccani (www.treccani.it)

Cruscòtto

Sostantivo maschile [etimo incerto].

1. Nei veicoli a trazione animale, riparo di cuoio posto presso il parafango per riparare il cocchiere dagli spruzzi.

2. Nei veicoli a motore terrestri e aerei, e in alcuni tipi di natanti (motoscafi e simili), quadro o pannello in cui sono raccolti gli strumenti di controllo, ed eventuali organi di comando.

Troviamo affascinante la prima definizione forse non completamente avulsa dal contesto del controllo di gestione in azienda se esaminata in un’ottica di storytelling avventuroso.

Nella versione francese forse avrete sentito parlare anche di tableau de bord.

Ci è piaciuta l’ampia definizione reperita qui, perché ci consente di entrare in modo approfondito ed esaustivo nel tema.

Le prime versioni teoriche del tableau risalgono agli inizi del XX secolo, arrivando però a trovare un’ampia diffusione nella realtà francese solo a metà del 1900.

Il tableau de bord è un insieme di misure ad hoc collegate tra loro attraverso una serie di relazioni causa-effetto. Ogni misura esprime un certo stadio del processo, in modo che gli indicatori, possono fornire un quadro complessivo del funzionamento sistemico generale. Esso nasce per fornire, ai diversi livelli organizzativi, informazioni di supporto al raggiungimento degli obiettivi aziendali. In particolare, esso ha la funzione di supportare i responsabili di area d’affari nella gestione dei business, di creare una base informativa comune sulla quale impostare un dialogo tra manager ai diversi livelli, di responsabilizzare i manager di livello inferiore sul raggiungimento di determinati obiettivi e di definire le basi su cui costruire il sistema di reporting. Il livello di informazioni, in questo modello, differisce a seconda della posizione occupata nella scala gerarchica: ai livelli più alti il controllo è realizzato con misure più sintetiche e sulla base di indicatori economico-finanziari complessivi. Ai livelli inferiori, al contrario, le misure economico-finanziarie perdono di significato ed occorre supportare l’agire delle persone con misure di carattere non finanziario (di processo, di mercato, e così via). Quanto più si scende nella gerarchia organizzativa, tanto maggiore è il livello di dettaglio delle misure di controllo utilizzate.

Se sostituiamo a “misure ad hoc” con il termine “indici” (o “kpi” - key performance indicators - per rimanere in linea con la lingua di “dashboard”) possiamo giungere alla seguente definizione sintetica e pratica: la dashboard è il contenitore dinamico dei kpi aziendali.

Le considerazioni successive sorgono spontanee:

  • chi definisce quali sono i kpi aziendali da monitorare (e i parametri di riferimento)?

  • Chi crea la dashboard (e con quali strumenti)?

  • Chi fornisce i dati per alimentarla?

  • Chi la tiene aggiornata (e con che tempistiche)?

  • Chi ne sono i fruitori?

Proviamo ad accennare le risposte in base alla nostra visione.

È la direzione aziendale in collaborazione con il Digital CFO che definisce i kpi da inserire nella dashboard. È consigliato un approccio combinato dall’alto al basso (top-down) e dal basso all’alto (bottom up) per identificare gli indicatori “giusti” coinvolgendo già da questa fase tutti i livelli aziendali. In tale attività il ruolo del Digital CFO può essere determinante nel contribuire alla crescita professionale del team di lavoro e all’affermazione della sua stessa leadership.

Per ogni kpi individuato sarebbe opportuno stabilire un valore di riferimento (il minimo o il massimo o un range) che renderà più facile analizzare i dati rilevati periodicamente.

A questo proposito ci facciamo aiutare da un’immagine, quella degli esiti delle analisi del sangue in cui, per ulteriore immediatezza di lettura, i valori fuori parametro sono segnalati da un asterisco.

Non si deve infatti temere di divulgare competenza in azienda (e se lo diciamo è per esperienza vissuta) perché è soltanto da qui (dal punto in cui, grazie alla dashboard, abbiamo elevato il livello di partenza dell’analisi) che comincia il fondamentale lavoro di comprensione del dato e delle sue cause scatenanti.

Se è riuscito a diventare il responsabile riconosciuto (in base all’autorevolezza e non solo per imposizione gerarchica e/o autoritaria) riteniamo che anche la realizzazione pratica della dashboard debba essere affidata al Digital CFO, in collaborazione con il Chief Digital Officer (se esiste) o il responsabile dei sistemi informatici.

E per partire si può utilizzare la “solita” tabella Excel. Sarà necessaria un po’ di sperimentazione prima di arrivare allo strumento ideale da utilizzare e alla sua versione finale ottimale che però, come sappiamo, non raggiungeremo mai. Del resto, citando Alessandro D’Avenia la perfezione è sempre a un gradino dalla perfezione.

Noi immaginiamo la dashboard sempre a disposizione per la consultazione dei soggetti aziendali abilitati (teoricamente tutti magari limitatamente alle informazioni utili per lo svolgimento del proprio lavoro). Ciò può avvenire attraverso la rete intranet, gli archivi in cloud, Drive di Google, l’ambiente Coda, etc.: insomma, non ci sono limiti agli strumenti e alla fantasia comunicativa.

Ogni soggetto responsabile di determinare i kpi che gli sono stati affidati dovrebbe, entro la data di scadenza prevista per l’aggiornamento periodico, poter autonomamente inserire il dato sulla dashboard.

Così come un giornale non esce (in versione cartacea o digitale) all’insaputa del direttore noi riteniamo però che sia opportuna una validazione preliminare del dato, nelle modalità più snelle ed efficaci possibili, prima della sua comparsa ufficiale nella dashboard. Ma qui il dibattito in tema di responsabilità, delega e autonomia potrebbe aprire scenari di discussione teoricamente infiniti pertanto ci fermiamo e lasciamo la scelta sul sistema più adeguato di agire a chi vorrà occuparsi dell’argomento.

Ci limitiamo ad aggiungere, spostando leggermente il focus, che riteniamo utile ai fini della maturazione della padronanza dei fenomeni aziendali gestiti che ci sia un momento in cui i kpi siano metabolizzati dai responsabili degli stessi. Può apparire paradossale ma spesso chi si occupa in dettaglio di un argomento non ne possiede la visione d’insieme. Del resto non è col microscopio che si guardano le stelle.

Reputiamo che ciò possa avvenire se i “numeri essenziali” passano attraverso una fase manuale, meglio ancora se descrittiva. Detto in altri termini: ove è possibile, e lo è più di quanto si immagini, redigere un report sintetico narrativo relativamente a un determinato argomento (è attraverso le storie che si impara di più) è un’ottima metodologia formativa che garantisce in poco tempo risultati inimmaginabili.

Chiediamo dunque ai rispettivi responsabili di raccontarci, per esempio, la posizione finanziaria netta, i crediti insoluti, le ferie residue, le giacenze di magazzino, i difetti di lavorazione, le percorrenze chilometriche degli automezzi e molte altre storie.

E magari attribuiamo una valutazione ai migliori storyteller in modo da poter inserire anch’essa come kpi sulla dashboard aziendale!

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